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Vetrine di libertà

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La biodiversità e le donne alimentano il mondo”. Di Vandana Shiva, presidente di Navdanya International

La distruzione della natura, il cieco sfruttamento delle sue risorse, la destabilizzazione dei suoi cicli e la perdita della biodiversità negli ecosistemi terrestri: tutto ciò è la conseguenza del sistema economico dominante aggressivo e orientato al profitto. Il modo in cui i nostri beni vengono prodotti e distribuiti su scala globale, sia che si considerino i generi alimentari e la produzione agricola o qualsiasi altra catena produttiva, si basa sulla massimizzazione del profitto e sulla riduzione dei costi di produzione.

Questo sistema produttivo è inevitabilmente e radicalmente legato allo sfruttamento, è violento e non si cura dei danni che causa ai territori e alle loro popolazioni.

La violenza del paradigma dominante in ambito politico ed economico, viene esercitata sulla natura e sugli individui; in primo luogo sulle donne. Esiste infatti una stretta correlazione fra capitalismo e patriarcato, tanto da poter parlare di “Capitalismo Patriarcale” in quanto sistema economico gerarchico, guidato dagli uomini, che sfrutta la natura e opprime le donne.

La marginalizzazione delle donne e la distruzione della biodiversità e dell’ambiente vanno di pari passo, in quanto vi è un legame fra genere e sfruttamento ambientale. Le donne sono spesso le maggiormente coinvolte nell’economia di sussistenza e nella salvaguardia delle risorse naturali necessarie al sostentamento della famiglia e della comunità. Esse sono sempre state strettamente legate alla natura e alla terra: per secoli hanno selezionato e fatto crescere i semi, si sono prese cura delle piante e degli animali e hanno perciò avuto un ruolo essenziale nel tentativo di raggiungere la sussistenza per la loro comunità. L’accaparramento del sistema alimentare, dei semi e della terra da parte delle multinazionali ha implicato la marginalizzazione delle donne e delle loro conoscenze, specialmente nel Sud del mondo.

Ecco perché abbiamo bisogno dell’ecofemminismo. L’ecofemminismo riconosce che i prodotti della natura e la creatività delle donne- o quella delle contadine e dei contadini, delle lavoratrici o dei lavoratori - sono importanti e devono essere presi in considerazione. Questa è la “vera economia”: è l’economia della natura, dei popoli, delle donne, delle contadine e dei contadini, perché è la sola ad offrirci prodotti reali (e reali generi alimentari).

L’ecofemminismo enfatizza l’interconnessione fra teoria e pratica, viste come un tutt’uno, sostiene la speciale forza e integrità di ogni essere vivente e promuove un approccio olistico e sistematico alla vita, alla produzione e alla relazione fra essere umano e natura. Per questo motivo, l’ecofemminismo e le donne rappresentano la naturale reazione al riduzionismo e alla linearità del paradigma dominante in ambito politico ed economico, che marginalizza qualunque categoria non si adegui alle sue strategie e ai suoi scopi. Questa la ragione per cui l’ecofemminismo è una delle risposte fondamentali alla crisi economica e al caos dato dai cambiamenti climatici.

Recentemente, Navdanya ha lanciato la campagna globale “Poison-Free Food and Farming 2030” (“Per un cibo e un’agricoltura liberi da veleni entro il 20301”), per unirsi ad altre persone e movimenti in tutto il mondo e iniziare così una transizione verso sistemi alimentari organici, differenti, sani e liberi da veleni. L’uso di veleni o diserbanti nell’agricoltura industriale sta portando alla sesta estinzione di massa e i combustibili fossili e le sostanze chimiche usati per produrre generi alimentari a livello industriale contribuiscono per il 50% alle emissioni di gas responsabili dell’effetto serra, al cambiamento climatico e anche al 75% di malattie croniche. La terra e i suoi abitanti non possono più aspettare: le donne, insieme ai giovani e ad altri gruppi marginalizzati, a piccoli agricoltori e produttori alimentari, sono la chiave per un’effettiva transizione verso sistemi alimentari ecologici che rinvigoriscano il suolo, le nostre terre degradate e la biodiversità.

Traduzione di Chiara Cavalli

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